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1 Agosto 2025Dalle norme sulla marcatura CE alle garanzie di qualità: perché architetti e ingegneri pretendono materiali certificati e come le PMI possono soddisfare queste richieste nelle costruzioni moderne.
Materiali certificati: un requisito chiave già in fase di progetto
Nel settore delle costruzioni, la scelta dei materiali non si basa solo su criteri estetici o economici: la conformità e la certificazione dei prodotti rivestono un ruolo cruciale fin dalla fase di progettazione. Progettisti, architetti e ingegneri hanno la responsabilità di garantire che ogni elemento impiegato in un edificio soddisfi standard di sicurezza, prestazione e legalità. Per questo, quando redigono un capitolato o selezionano fornitori, richiedono materiali certificati – in altre parole, prodotti accompagnati da documentazione ufficiale attestante il rispetto di determinate norme e requisiti di qualità. Ma cosa significa in concreto “materiali certificati” e perché è così importante per chi progetta?
In primo luogo, molte componenti da costruzione sono soggette per legge a marcature e certificazioni obbligatorie. Ad esempio, nell’Unione Europea vige il Regolamento (UE) n.305/2011 (noto come CPR, Construction Products Regulation), che impone la marcatura CE per tutti i prodotti da costruzione coperti da norme armonizzate. Ciò significa che, prima di essere immesso sul mercato, un materiale o componente deve essere testato e valutato secondo standard comuni europei, e il produttore deve redigere una Dichiarazione di Prestazione (DoP) in cui dichiara le prestazioni essenziali del prodotto. Un materiale marcato CE offre ai progettisti una garanzia di base: è conforme ai requisiti di legge applicabili e le sue caratteristiche (resistenza, reazione al fuoco, isolamento, ecc.) sono state determinate tramite prove e verifiche specifiche. In altre parole, porta il “passaporto” per essere utilizzato nelle costruzioni. Un progettista difficilmente prenderà in considerazione, ad esempio, una finestra priva di marcatura CE o un pannello isolante senza DoP, perché significherebbe esporsi a rischi normativi e di responsabilità.
Ma le richieste dei progettisti vanno oltre il semplice obbligo di legge. Un professionista competente vuole essere certo che i materiali da lui prescritti garantiscano durabilità, prestazioni adeguate e sicurezza nel tempo. Per questo spesso in capitolato vengono specificate non solo le normative di riferimento, ma anche certificazioni volontarie o standard di qualità aggiuntivi. Ad esempio, un progettista di edifici in legno potrebbe richiedere che le tavole strutturali siano marcate CE e abbiano anche la classe di resistenza meccanica indicata (secondo la norma EN 14081) con relativa certificazione di un ente terzo. Oppure, nel caso di un edificio pubblico, il capitolato potrebbe esigere che i pannelli isolanti abbiano una certificazione di reazione al fuoco in classe A1 o A2 (in base alle Euroclassi), garantita da prove di laboratorio ufficiali. Insomma, il progettista specifica i requisiti e pretende evidenze oggettive che il prodotto li soddisfi. Dal canto suo, l’impresa fornitrice deve farsi trovare pronta a fornire tutta la documentazione necessaria: schede tecniche, rapporti di prova, certificati di conformità, marchi di qualità.
Marcatura CE e documentazione di conformità: il minimo indispensabile
La marcatura CE rappresenta oggi la base della conformità dei materiali da costruzione in Europa. Come anticipato, essa indica che un prodotto è stato valutato in base a una norma armonizzata e rispetta i requisiti essenziali di sicurezza e prestazione applicabili. Per un progettista, la presenza del marchio CE su, ad esempio, un serramento, un laterizio o un pannello sandwich, significa poter contare su un prodotto che ha superato determinati test (es. di resistenza meccanica, isolamento termico, comportamento al fuoco, ecc.) e sul fatto che il produttore si assume la responsabilità delle prestazioni dichiarate. Il progettista dunque richiede sempre la DoP (Dichiarazione di Prestazione) e la marcatura CE dei prodotti che intende utilizzare, poiché queste sono garanzie che il prodotto è “a norma”. Inoltre, molti regolamenti edilizi locali e controlli di cantiere prevedono esplicitamente la verifica della presenza della documentazione CE: un direttore lavori, al momento dell’accettazione dei materiali in cantiere, dovrà controllare non solo che i prodotti consegnati corrispondano a quelli prescritti, ma anche che siano accompagnati da tutte le certificazioni richieste.
Cosa si aspetta quindi il progettista dal fornitore? In fase di offerta o di acquisto, l’azienda dovrà fornire copia dei certificati e delle dichiarazioni. Questo include, oltre alla DoP per i prodotti da costruzione, eventuali certificazioni aggiuntive. Ad esempio: certi materiali isolanti potrebbero avere un Benestare Tecnico Europeo (ETA) se non esiste ancora una norma armonizzata di prodotto; alcuni componenti potrebbero recare marchi volontari di qualità (come ad esempio Keymark, Solar Keymark per pannelli solari, marchi di qualità dell’istituto X per prodotti specifici, ecc.) – tutti elementi che un progettista valuta positivamente. Inoltre, vengono richieste schede tecniche dettagliate, rapporti di prova su caratteristiche peculiari (ad esempio test acustici su un pannello fonoassorbente, o test sismici su un elemento di facciata). Fornire un dossier completo e chiaro è segno di professionalità e facilita il lavoro del progettista, che potrà a sua volta predisporre la pratica edilizia con tutte le carte in regola.
Un aspetto fondamentale è che il progettista deve rispettare la legge tanto quanto il produttore. Se in un progetto pubblico o privato vengono utilizzati materiali non conformi, ne rispondono vari attori: il direttore lavori, il collaudatore e in parte anche il progettista stesso rischiano sanzioni e responsabilità civili. Ecco perché nessuno, in cantiere, vuole scoprire che una fornitura non ha i requisiti dichiarati. Per evitare ciò, spesso si effettuano anche controlli in corso d’opera: la Direzione Lavori può prelevare campioni di materiale (es. calcestruzzo, acciaio) per farli testare a laboratori indipendenti, oppure richiedere certificati di prova “di accompagnamento” su lotti specifici (pensiamo ai ferri d’armatura, che arrivano con il certificato di origine dalla fabbrica). Tutto questo fa parte di un sistema di garanzie che tutela la committenza e gli utenti finali: ogni elemento impiegato deve essere tracciabile e conforme. Il progettista, in questo ingranaggio, è colui che per primo stabilisce il livello di qualità atteso e pretende dai fornitori le relative prove.
Oltre la conformità: qualità e prestazioni al centro
Se la marcatura CE è il requisito di base, spesso i progettisti guardano anche alla qualità intrinseca e alle prestazioni aggiuntive dei materiali. Ad esempio, un progettista può chiedere che un materiale non solo sia a norma, ma possieda determinati valori prestazionali migliorativi: un intonaco marcato CE con assorbimento d’acqua ridotto, un laterizio con resistenza meccanica superiore alla minima richiesta, un vetro con trasmittanza termica più bassa per case passive, e così via. Queste non sono strettamente “certificazioni” (sono parametri misurati dai test), ma vanno comunque dimostrati con rapporti di prova o certificati di laboratorio. Un costruttore di finestre, ad esempio, per convincere un architetto, fornirà i risultati dei test di permeabilità all’aria, tenuta all’acqua, isolamento acustico e termico svolti su quel modello di infisso, mostrando che eccellono rispetto ai valori medi. Questo è spesso ciò che distingue un prodotto di fascia alta da uno base: entrambi marcati CE, ma il primo con prestazioni certificate nettamente migliori.
Inoltre, affidabilità e durata sono concetti collegati alla certificazione. Un materiale può essere a norma al momento zero (appena prodotto) ma come si comporterà dopo anni di esercizio? I progettisti più attenti potrebbero richiedere evidenza di prove di invecchiamento artificiale, test ciclici, o fare riferimento a certificazioni volontarie sulla durabilità. Ad esempio, esistono certificazioni per serramenti che riguardano la prestazione nel tempo (prove cicliche di apertura/chiusura, tenuta dei trattamenti superficiali, ecc.). Oppure, nel caso di elementi strutturali in acciaio, si guarda al fatto che provengano da centri di trasformazione autorizzati e certificati secondo normativa, il che garantisce un controllo di produzione continuo.
Un altro campo in cui le richieste dei progettisti sono aumentate è quello della sostenibilità ambientale. Con l’entrata in vigore dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) per gli appalti pubblici, ad esempio, non basta più che un materiale sia sicuro e performante, deve anche rispettare certi requisiti di impatto ambientale (contenuto di riciclato, assenza di sostanze nocive, ecc.). Questo si traduce in ulteriori certificazioni o attestazioni che il progettista può richiedere: dichiarazioni ambientali di prodotto (EPD), certificazioni FSC per il legno, marcatura “ low VOC” (basse emissioni indoor) per vernici, e così via. I CAM sono obbligatori nei lavori pubblici e stanno orientando anche il mercato privato verso scelte più sostenibili. Quindi, “materiali certificati” per un progettista moderno significa spesso anche materiali ecosostenibili certificati. Un fornitore che può documentare l’adesione ai CAM (ad esempio attraverso un certificato di contenuto di materiale riciclato, o una ISO 14021) offre un vantaggio concreto al progettista, che a sua volta deve dimostrare il rispetto di questi criteri nel progetto.
In sintesi, i progettisti richiedono materiali certificati perché su di essi poggia la qualità dell’intera costruzione. Un solo componente scadente o non a norma può compromettere un edificio (si pensi a un pannello isolante che non abbia la resistenza al fuoco dichiarata, con ovvi rischi per la sicurezza antincendio). D’altra parte, avere tutti i materiali certificati e controllati garantisce che l’opera finita sarà conforme alle aspettative di legge e del committente. Ciò riduce i rischi di contestazioni, ritardi, rifacimenti e contenziosi – scenari che ogni progettista e impresa vogliono evitare come la peste.
Vantaggi per produttori e fornitori: chi certifica vince la fiducia
Abbiamo visto cosa chiedono i progettisti: materiali conformi, certificati, con prestazioni dimostrate. Ma qual è il vantaggio per le aziende fornitrici nel soddisfare tali richieste? In primo luogo, entrare nelle specifiche di progetto significa aggiudicarsi commesse. Se un prodotto non è certificato o non ha sufficiente documentazione, verrà scartato a priori dalla maggior parte dei progetti qualificati. Al contrario, un’azienda che investe nella certificazione dei propri materiali apre le porte a mercati più ampi: potrà partecipare ad appalti pubblici (dove senza marcatura CE non si entra nemmeno in gara), potrà fornire grandi imprese di costruzione che effettuano controlli rigorosi sui fornitori, e in generale avrà più argomenti di vendita. Ad esempio, un produttore di additivi per calcestruzzo che abbia certificato il proprio prodotto secondo una valutazione tecnica europea (ETA) e che possa esibire test di efficacia, sarà preferito da un progettista di infrastrutture rispetto a un concorrente senza certificazioni, perché offre maggiori garanzie di risultato.
C’è poi un aspetto di riduzione dei rischi e responsabilità: fornire materiale non certificato espone l’azienda a possibili cause e richieste danni in caso di problemi sull’opera. Al contrario, se tutto è in regola e documentato, il produttore ha adempiuto al proprio dovere di diligenza. Questo è un elemento che i progettisti valutano: lavorare con fornitori affidabili e certificati significa condividere meno rischi. Una collaborazione serena tra progettista e produttore nasce proprio dalla fiducia nelle rispettive competenze: il progettista specifica cosa serve, il produttore risponde fornendo prove che il suo prodotto soddisfa o supera quei requisiti.
Va detto che ottenere certificazioni e svolgere prove di laboratorio comporta costi e impegno per l’azienda produttrice, ma si tratta di un investimento che nel medio termine viene ripagato. Standardizzare la qualità interna per rispondere a normative e certificazioni può anche migliorare il processo produttivo stesso, riducendo scarti e difetti. Inoltre, molti mercati esteri richiedono esplicitamente determinate certificazioni, per cui un’azienda che le possiede potrà esportare più facilmente. Ad esempio, la marcatura CE è riconosciuta in tanti paesi extra-UE come sinonimo di prodotto di qualità; analogamente, certificazioni internazionali come le UL per materiale elettrico o la FM Approval per prodotti antincendio aprono sbocchi globali. Insomma, certificare i propri materiali rende un’azienda più competitiva e credibile su scala internazionale.
Non trascuriamo infine il lato marketing: poter apporre sul proprio catalogo e sui propri prodotti loghi di certificazione e risultati di test accreditati è un forte elemento di vendita. Un conto è affermare “il nostro prodotto è ottimo”, un altro è mostrare un certificato indipendente che lo prova. I progettisti, che sono bersagliati da proposte commerciali, fanno filtro proprio su questi aspetti: avere le carte in regola significa spesso finire in cima alla lista dei preferiti. Ad esempio, se un progettista deve scegliere tra due fornitori di pannelli fonoassorbenti, probabilmente opterà per quello che gli fornisce il rapporto di prova dell’isolamento acustico fatto in un laboratorio riconosciuto, piuttosto che quello che gli dà solo dati “dichiarati” senza fonte.
Conclusione: costruire in sicurezza grazie a certificazioni e laboratori
In conclusione, oggi progettare con materiali certificati non è un lusso o una formalità, ma una necessità e uno standard de facto nel settore edile. I progettisti lo richiedono perché sanno che dalla qualità di ogni componente dipende il successo di un progetto intero – in termini di sicurezza, durata, confort e rispetto delle normative. Per le aziende produttrici, allinearsi a queste richieste significa in definitiva essere parte della filiera virtuosa della costruzione di qualità. Certificare un materiale, farlo testare in laboratorio, ottenere una marcatura o un rapporto di prova ufficiale può sembrare oneroso, ma è un passaggio obbligato per poter competere sul mercato attuale e futuro. Gli edifici di oggi devono essere sempre più sicuri, efficienti e sostenibili: solo materiali testati e certificati possono garantire tali risultati.
La buona notizia è che esistono risorse e partner a cui le PMI possono rivolgersi per affrontare questo percorso. Laboratori specializzati come t2i offrono servizi di prova, certificazione e consulenza proprio per aiutare le aziende a elevare i propri prodotti agli standard richiesti. Dalla verifica della resistenza di un nuovo blocco da costruzione, alla certificazione di un serramento innovativo, fino alle prove di durabilità su un materiale composito: un laboratorio accreditato può fornire quelle evidenze tecniche imparziali che faranno la differenza agli occhi dei progettisti. Inoltre, il supporto di esperti consente di interpretare le norme complesse e individuare il percorso di certificazione più adatto caso per caso.
In un mercato dove affidabilità è la parola chiave, costruire una reputazione di produttore “certificato” è la strategia vincente. Significa vedere i propri materiali impiegati con fiducia in progetti prestigiosi, significa ridurre i problemi post-vendita e le contestazioni, e costruire relazioni solide con studi di progettazione e imprese. Per questo, ogni sforzo compiuto nel testare e certificare i propri prodotti è in realtà un investimento mirato a garantire un futuro solido all’azienda. Progettisti, costruttori e fornitori fanno tutti parte della stessa squadra quando si tratta di realizzare edifici ben fatti: parlare il linguaggio comune delle certificazioni e delle prove di laboratorio facilita la collaborazione e porta a risultati migliori.
In definitiva, un materiale certificato oggi è un cantiere sereno domani. Le aziende che lo hanno compreso si stanno già muovendo in questa direzione, supportate da laboratori all’avanguardia come t2i. Se vuoi che i tuoi prodotti entrino nel novero di quelli su cui architetti e ingegneri possono fare affidamento a occhi chiusi, puntare sulle certificazioni è la strada da percorrere. E ricorda: ogni attestato, ogni rapporto di prova è un mattoncino di fiducia in più verso il tuo brand. Costruisci quel muro di fiducia, e i progettisti verranno da te sapendo di trovare solidità, trasparenza e qualità. In questo percorso il Laboratorio Prodotti da Costruzione t2i può affiancarti, trasformando i requisiti richiesti dai progettisti in punti di forza per la tua impresa.